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Lo spazio pubblico s’impose superando il tempo della breve vita individuale e proiettando la propria fissità lungo un raggio d’azione che copriva l’intera vita della comunità politica, più lunga della precedente proprio perché alimentata dal continuo alternarsi delle vite dei singoli.

Sicuri della maggiore efficacia e stabilità di tale forma di organizzazione, i greci vi esibirono il loro desiderio d’immortalità, riuscendo a rendere unica ed irripetibile l’esperienza della città-stato che, a tutt’oggi, dovrebbe fornire il senso di esistenza di uno spazio pubblico. La permanenza umana, che vede alternarsi una generazione all’altra, creò una fissità nel mondo, uno spazio in cui fosse possibile ad ognuno rappresentarsi, recitare se stesso, immortalando ciò che il tempo inevitabilmente distruggeva."Per molti secoli prima di noi - ma ora non più - gli uomini entrarono nella sfera pubblica perché volevano che qualcosa di proprio o qualcosa che avevano in comune con altri fosse più duraturo della loro vita terrena" (6). Fu proprio la fierezza di appartenere ad un gruppo chiuso e distinto da tutti gli altri, che viveva per imporsi al tempo, a produrre "la prima garanzia contro la futilità della vita individuale"(7). Molteplici punti di vista, sempre al limite tra scontro e confronto, vivacizzarono la realtà della sfera pubblica in un serrato alternarsi di opinioni e posizioni differenti, che comunque attestavano la presenza di un mondo comune, condiviso e giudicato. Da questa poliedricità, infatti, discendeva la garanzia che il mondo della polis non dipendeva da alcun dispotico ordinamento, anzi, era la bandiera stessa della democrazia antica (pur sempre democrazia per i "pochi" cui era concesso esercitarla) contro ogni genere di dispotismo straniero.

Una democrazia antica che, non a caso, Hannah Arendt prese come punto di vista per offrire ai suoi contemporanei un caleidoscopio in cui dilettarsi a guardare la deformazione di una cittadinanza diretta in un apparato-macchina dell’amministrazione pubblica, e per rappresentare l’espropriazione moderna della politica .

 


(1) Hannah Arendt , Vita Activa . La condizione umana , Bompiani , Milano 1989 , p.22

(2) Hannah Arendt , Vita Activa . La condizione umana , Bompiani , Milano 1989 , p.31

(3) Un così alto senso politico venne adombrato, però, dalla tendenza, causa di molte disgrazie, di identificare la polis con il gruppo al potere ed il bene comune con gli interessi di partito . La vittoria di una fazione politica, infatti, si risolveva molto spesso nella messa al bando di un grande numero di avversari.

(4) Hannah Arendt , Vita Activa . La condizione umana , Bompiani , Milano 1989 , p.39

(5) Hannah Arendt , Vita Activa . La condizione umana , Bompiani , Milano 1989 , p.41

(6) Hannah Arendt , Vita Activa . La condizione umana , Bompiani , Milano 1989 , p.41

(7) Hannah Arendt , Vita Activa . La condizione umana , Bompiani , Milano 1989 , p.42

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