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Lo stato, per Kant, non deve occuparsi di assicurare il benessere e la felicità del popolo perché non esiste un benessere indipendente dalla personalità umana tale da poter essere unilateralmente elargito. Il criterio di felicità e di infelicità nasce dall'individuo, e lo stato deve limitarsi a garantire la libertà di ciascuno nell'incontro delle libertà di tutti, di fare in modo che uomini naturalmente inclini all'usurpazione vivano invece nel rispetto reciproco. La libertà dei singoli vincolata e veicolata dalla coercizione della legge "in uno Stato in cui la naturale diversità dei singoli" è "prodotta e mantenuta dall'artificio dell'eguaglianza" (1).

Kant ripudia il paternalismo dello stato che, ai suoi occhi, incarna la peggiore forma di dispotismo nella pretesa di trattare gli uomini alla stregua di fanciulli cui insegnare la felicità. Governare significa, al contrario, limitarsi a favorire, dal di fuori e con i mezzi della legge, la libera e produttiva crescita degli individui. Il  diritto, quindi, è il principio supremo dello stato che contempera la limitazione della libertà di ciascuno con le libertà di tutti, definendo il campo di azione dell'agire umano in cui "l'uomo libero" (2) può giudicare che cosa sia la felicità attraverso l'uso critico della propria  ragione, senza assoggettarsi alla regolamentata elargizione governativa. Ne deriva che lo stato, ed il diritto che lo fonda e definisce nelle sue strutture e nei suoi limiti, non deve occuparsi di rendere l'uomo spontaneamente buono e morale, ma deve fornire un  ordinamento giuridico che ne incanali le passioni, disciplinandone gli istinti in modo che esseri naturalmente disposti al torto, possano invece convivere tra di loro coordinando, in un sistema di valori più alto, le specifiche e contrastanti libertà di cui sono portatori . E' cruciale in questo contesto l'idea (3) secondo la quale un uomo malvagio (inteso come colui che rispetto alla comunità fa un'eccezione per sé e non colui che vuole il male) può essere un buon cittadino in uno stato buono. In altri termini, è da una buona costituzione dello stato che bisogna aspettarsi la buona educazione morale di un popolo, non dalla personale bontà del sovrano o dei membri del parlamento . Non contano le differenze delle persone che detengono il potere, contano solo le  strutture giuridiche, la forma  di governo in cui quelle persone operano, in presenza o assenza della legalità, dell'idea stessa  di diritto.

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